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Antropologia positiva

    Le persone sono diverse e il mondo è una immaginazione delle percezioni delle persone.
La parola: «umano» deriva il proprio significato, nella storia, dalla parola di origine sumerica: «ur-an», dal cui significato ne deriva la traduzione italiana, in: «primo io» – da «ur», «primo» e «an», «io» («essere»).

    Seguendo questo problema semantico, la parola: «persona» risulta nell’eredità latina di «per», in italiano: «per» (preposizione ottativa indeclinabile) e «esse» (infinito attivo latino di «sum»),
«essere» («esistere»).


    Il problema dell’esistenza è comune a tutti. Ogni specie vivente del mondo rappresenta per sé stessa il mondo per immagini – simboli, secondo gli strumenti di cui dispone: le proprie percezioni. Per quanto concerne l’umanità, l’esistenza – come concetto – è preludio della più minacciosa domanda sul principio dell’esistenza stessa: la sofferenza, il male del vivere, il dolore umano, per il cui tramite, ogni istituzione positiva è stata istituita: ogni diritto posto in essere, ogni comando assegnato, ogni punizione resa operazione. La storia dell’umanità è sempre storia di positività: di azioni positive, di istituzioni, di monumenti – per memorizzare . Una storia di azioni per controllare il dolore. Laddove, seguendo in questa osservazione, tale dolore addiviene figura simbolica di qualcosa di ancora più profondo, l’“io” a cui ogni percezione è legata dalla vita personale, per cui “primo”.

   Ogni specie vivente è specifica, come scriveva Charles Darwin, per la cui evidenza empirica, non si potrebbe “umanizzare ab proprio” alcun altro vivente senza esularne il contesto, al pari di come crederne proporzioni matematiche di concettuali capacità intellettive. Anche l’intelletto, come qualsiasi matematica, è prigioniero della specificità di ogni contesto, sempre in relazione a qualcuno di altro. Il dolore, ad ogni modo, è comune a tutti i viventi, sul cui presagio e sulla sua condizione splendono i canti prosaici dello Zibaldone. Eppure, l’umanità, vivente e storica, soffre diversamente del problema del dolore: ne soffre domandandosene e ponendosene nuove e storiche domande. Ogni azione, ogni affermazione, ogni positività: tutte queste sono sempre domande, nel principio. Domande di tutti, di essere ascoltati. Ascoltarsi, osservarsi, osservare il proprio male affiorano, dunque, come preziosi strumenti per costruirsi e costruire, quelli del “primo io”.

    Dalle profondità dei propri mali sia possibile osservarne le relazioni con la realtà, sottraendo ogni polvere superflua dal rispetto per sé stessi e, per il tramite di un canale faticoso, chiamato: “amore per la vita”, progressivamente costruire la propria di vita, ponendo finalmente in essere ogni umanità. Ogni primo io.

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