“Se la mia vita durante l’anno scolastico era segnata dallo sport e dalle materie avveniristiche studiate all’Elis, la mia esistenza estiva era pervasa da un’emozione e un’attività parimenti stimolante e avvincente: lavoravo con mio padre alla distribuzione. Si immagini che significa per un ragazzo di undici, dodici o tredici anni trovarsi catapultato in un mondo di adulti che lavorano, esserne parte integrante, essere considerato un perno importante della squadra, muoversi di notte, questo mondo misterioso e sconosciuto a tutti i miei coetanei del tempo (oggi forse torna a essere sconosciuto nuovamente, in seguito ai provvedimenti simil-coprifuoco che ci troviamo a sperimentare, nostro malgrado).

In questa terra per me sconosciuta e affascinante, che era la notte, iniziavo a muovermi con disinvoltura e ne carpivo tutti gli aspetti e ne svelavo i segreti. Potevo girare per Roma insieme a mio padre negli anni della Dolce Vita, come se fossi il Marcello dell’omonimo film felliniano (e non a caso anche lui faceva parte del mondo dell’informazione e del giornalismo…), sempre ammirato nel vedere le strade deserte del gigante dormiente, Roma, e io che vi passavo e vi ripassavo su e giù senza che questa si risvegliasse.”